TALKING DRUMS: intervista a Karim Qqru

Intervista a Karim Qqru - The Zen Circus intervista di Emanuele "TuMpA" Della Cuna

MELODY LANE inaugura una nuova rubrica chiamata Talking Drums, dedicata al mondo della batteria. Abbiamo avuto l'onore di esordire con un grandissimo artista, Karim Qqru il batterista dei The Zen Circus. 

MELODY LANE:  Ciao Karim, partiamo dai The Zen Circus, il tuo esordio con questa band risale al 2004 con Doctor Seduction, il terzo album in studio. Cos’è cambiato da allora, tecnicamente parlando, riguardo al tuo linguaggio batteristico?
KARIM: Entrai negli zen come batterista nel marzo del 2003. Fu una situazione peculiare, perché avevo iniziato a suonare la batteria solo 20 mesi prima (in un modo leggermente rocambolesco), il mio vero strumento al tempo era la chitarra.
Formai gli “Elbarombriago” a 18 anni e mezzo (nel 2001); la mia prima esperienza alle pelli; eravamo una band strumentale e giocavamo con un mix spregiudicato e pretenzioso (ma molto spontaneo) tra metal, surf, prog ed HC, forse il gruppo “sbagliato” col quale approcciarsi ad uno strumento stratificato come la batteria.
Molti dei brani in repertorio erano abbastanza complessi: tempi dispari ed anche 10 cambi di struttura a brano.
Invece di partire dalle basi mi lanciai senza paracadute... forse fu una conseguenza della visione ritmica che avevo nel suonare la chitarra nei Lillayell (ero un chitarrista/cantante, ed avevo fatto dischi e tour solo in quella veste). Ero abituato a fare roba storta e “progressiva”, lontanissima dalla struttura “verse/chorus/verse”.
Quando entrai negli zen i primi mesi capii quanto fosse difficile avere un drumming solido dal punto di vista di dinamica, ritmica, groove ed interpretazione. Davo per scontate e facili cose fondamentali, nelle quali in realtà non avevo padronanza. Quello che in apparenza sembrava semplice lo era molto meno del previsto.
Fu una bella sfida, ed ho un ricordo vivido di quel primo periodo. Fu un mettersi in discussione abbastanza traumatico, ma necessario e nutriente.
Ricominciai tutto da capo, concentrandomi sulla dinamica, sul timing e sull’essere completamente al servizio dei brani e non del mio ego batteristico.
Non fu facile, soprattutto psicologicamente. Ai tempi ero convinto che un bravo batterista dovesse sempre suonare tanto, mostrando TUTTO quello che sapeva fare in ogni singola canzone... un atteggiamento musicalmente tossico.
Dal 2006 cominciai a sentirmi a mio agio con quel linguaggio batteristico e mi avvicinai ad uno studio più approfondito dello strumento a 360 gradi, soprattutto grazie al colpo di fulmine del jazz (in netto ritardo sui miei ascolti punk, rock, noise e metal).
Impazzii totalmente per Coltrane, e da quell’anno il jazz diventò (in parallelo agli zen) il mondo musicale che iniziò a scandire ed accompagnare le mie giornate alla batteria.

MELODY LANE: Nelle canzoni dei The Zen Circus  si può chiaramente ascoltare un drumming molto solido ed a completo servizio della musica. In che modo approcci l’arrangiamento della batteria in un brano: Cerchi di arrivare all’effetto finale studiando individualmente i singoli passaggi oppure è semplicemente un flusso di idee che arriva suonando insieme a gli altri strumentisti?
KARIM: La parte dell’arrangiamento della batteria negli "zen", nonostante la semplicità delle parti ritmiche, è un processo certosino e ragionato.
Sono arrangiamenti “scarni”, al completo servizio del brano, ritmica fluida ed overplaying vietato.
Essendoci poco “nero sullo spartito” anche un semplice accento, una ghost, una terzina messa in certi punti, o un fill in sedicesimi a chiusura di misura, diventa fondamentale nel respiro di un brano. Se fai poca roba e sei quadrato quell’unica rullata prima del ritornello diventa “rumorosissima” ed essenziale. 

MELODY LANE: Quando è iniziata la tua carriera da batterista? Hai studiato con qualche maestro o sei autodidatta?
KARIM: Come dicevo prima ho iniziato a 18 anni e mezzo, molto tardi. È stato il terzo strumento della mia vita, quello che mi ha stregato istantaneamente.
Sono autodidatta, non sono mai andato a lezione da un maestro.
A 24 anni mi sono stancato dei limiti palesi che avevo. Ho avuto la fortuna di imparare da solo un’impostazione discreta, che mi ha evitato disgrazie quali tendiniti o fatica durante i live... ma non mi accontentai di quella botta di culo :)
Avevo iniziato ad ascoltare e suonare jazz e fusion in quel periodo, e sentivo di non avere in mano la situazione. Volevo fare di più.
Questo stallo mi ha portato a studiare da solo in modo ossessivo, ed ho fuso fino allo sfinimento metodi come lo Stick control, il Master studies, il Jim Chapin, il Krupa, lo Chafee ed altri. Ho imparato a leggere e a scrivere la musica (cosa che mi ha aperto un mondo) ed introdotto la “traditional” tra le grip che già usavo (german e french).
Zappa è stato l’inizio di tutto questo; il mio amore per la sua musica è stato una spinta enorme, e mi ha cambiato la vita.
Negli ultimi 4 anni ho avuto molte richieste didattiche, ed ho iniziato ad insegnare in modo sporadico: purtroppo tra tour, produzioni artistiche, studio di registrazione e giri vari ho davvero poco tempo, e mi dispiace moltissimo. Ultimamente mi hanno contattato per organizzare delle masterclass, e sto tentando di riuscire a finalizzare il tutto, a Milano, Roma e Bologna.
Lo studio comunque rimane una costante, quando sono a casa gli dedico almeno 90 minuti al giorno, ne ho bisogno come l’aria, e di notte, quando mio figlio e la mia compagna dormono e non posso fare rumore, cuscino sulla gamba e giù di paradiddle e rudimenti :)

MELODY LANE: Quali sono i musicisti di riferimento che ti hanno maggiormente ispirato?
KARIM: Senza fare distinzioni di genere: Elvin Jones, Buddy Rich, Max Roach, Art Blakey, Vinnie Colaiuta, Han Bennink, Neil Peart, Vinnie Paul, John Bonham, Gene Krupa, Dale Crover, Jimmy Chamberlin, Danny Carey, Bill Bruford, Terry Bozzio, Simon Philips, Dave Lombardo, Papa Jo Jones, John Wright, Ralph Molina, Ben Koller, Scott Asheton, Bill Ward, Nate Smith, Mark Guiliana, Doug Clifford, Ginger Baker, Omar Hakim, John Stark e molti altri che ora sicuramente dimentico. Chiudo con Aphex Twin; non è un batterista ma ha una visione ritmica che mi ha brasato il cervello.

MELODY LANE: Su Spotify i The Zen Circus sono catalogati come gruppo Indie, forse per le sonorità moderne, ti ritieni più un batterista Indie ,Rock o altro?
KARIM: Mi ritengo un batterista. Il rock è una parte importante del mio bagaglio musicale, ma sarebbe una bugia dire che è la principale. Quando non suono con gli zen faccio altro, principalmente cose anche molto distanti.
Gli zen assorbono quasi tutta la parte rock, se dovessi fare un calcolo delle ore passate sulla batteria (comprese prove a casa, studio e session per altri) la bilancia penderebbe verso jazz, fusion, prog, latin ed afro (uso queste ultime due macrocategorie per sintetizzare, in realtà come sai contengono un mondo sterminato, soprattutto dal punto di vista ritmico e dinamico). Ma alla fine si tratta di musica, e parlare di generi ha senso fino ad un certo punto. Ho sempre cercato di suonare tutto ciò che amo, da Coltrane ai Discharge, passando per Frank Zappa e James Brown.

MELODY LANE: Esistono ormai molti artisti, band e correnti che fanno utilizzo di strumenti riciclati , per l’appunto tu ce ne proponi alcuni molto sperimentali nella tua arte, di cosa si tratta e quali timbriche vai ricercando in questi oggetti così alternativi?
KARIM: Ogni cosa ha un suono, ed è incredibile il timbro, il sustain ed il tipo di armoniche emanate da un oggetto costruito per usi diversi da quelli musicali.
Credo che il contesto sia fondamentale quando si parla di questi “strumenti”. Ogni suono ha una sua vita all’interno di un drumset, ed il bello è farli combaciare, creando qualcosa di utile alla gamma sonora ed armonica usata in quel momento.
Faccio un esempio: l’innaffiatoio che ho modificato, e che ho usato con gli zen per anni aveva un range di frequenze basse incredibile, al pari di una cassa da 26 in low-tuning. Per avere quel suono l’innaffiatoio doveva essere suonato obbligatoriamente con spazzole o fruste. In quel contesto aveva un suo senso, ma se lo avessi usato per fare grind o death sarebbe stato dannoso e completamente inutile.
È lo stesso per i doppi e tripli piatti che “costruisco”, attacco violentissimo, decay veloce, zero coda e frequenze ridotte rispetto a quelle di un piatto tradizionale. Sono concepiti per un approccio “melodico”, hanno delle note precise, e sono usati in sequenze per combinare ritmica e melodia. Se li usassi come piatti portanti per fare rock o pop il suono risulterebbe forzato e pessimo.

MELODY LANE: Cosa pratichi quando sei a casa e decidi dedicare un po di tempo allo studio?
KARIM: Inizio sempre con un pò di riscaldamento: paradiddle a velocità e dinamica crescente, poi potenziamento della mano debole, open handed ed esercizi sulle poliritmie. Dedico sempre un po’ di tempo alla gestione del timing (fill accellerati o rallentati, oppure eseguire pattern suonando costantemente avanti o dietro il click per poi cercare di dare lo stesso portamento anche senza metronomo).
Cerco sempre di studiare qualcosa di nuovo. Il mondo della batteria è bellissimo e sterminato, ogni giorno si imparano cose sconosciute e si capisce che i difetti che si ha sono più di quelli che si crede di avere.
È una bella sfida giornaliera.

MELODY LANE: Sei interessato alla storia della batteria? Se si, qual’è il tuo rudimento preferito? Escludiamo il  Paradiddle!!!!!!:)
KARIM: Amo molto la storia della batteria, ha un fascino antropologico assurdo, anche andando a ritroso, fino alle percussioni “povere” create dagli afroamericani nei campi degli Stati Uniti fin dal 1800.
Rudimento preferito? Il Flamacue.

MELODY LANE: Il tuo rapporto col Jazz? Se esiste, parlacene.
KARIM: Forse l’amore più grande.
È il genere che studio con più costanza e passione da almeno 10 anni... dalle big band, passando per hard bop e free. Ad essere sincero il grosso dei miei ascolti jazz si concentra nel periodo 1930/1970, lo stesso Miles Davis (che venero QUASI come Coltrane) comincia a piacermi di meno da “On the corner” in poi.
A volte vedere i live del quartet storico di Coltrane con Elvin Jones mi fa venire voglia di buttare via le bacchette e non suonare più. Livelli irraggiungibili. Le sue poliritmie mi fanno perdere il cervello da anni... davvero, quando lo sento, anche a distanza di anni dal primo ascolto, mi viene la pelle d’oca. Il batterista, a gusto personale, più innovativo, anarchico e cervellotico (ma incredibilmente melodico) della storia.
Nel 2008 presi parte allo Shakuhachi Jazz Club Italy, un gruppo jazz itinerante ed estemporaneo creato e capitanato da Brian Ritchie dei Violent Femmes, con sede in Italia, Stati Uniti ed Australia. In Italia Brian suonava con me e Tommaso Novi, e la scaletta era un insieme dei brani dei suoi dischi solisti allo Shakuhachi e di cover jazz scelte da me e Brian. Per un live preparammo “Space is the Place” di Sun Ra, “Change has come” di Albert Ayler, “Desireless” di Don Cherry e “Crescent” di John Coltrane. Per preparare “Crescent” sudai 7 camicie, ed ovviamente l’interpretazione era inavvicinabile a quella originale.

MELODY LANE: Sei un endorsement del mio marchio preferito di piatti, la Istanbul Agop. Essendo un marchio che ricopre infinite timbriche per i vari generi musicali e artisti nel mondo, quale serie credi faccia più al caso tuo?
KARIM: Uso un mix tra la serie Xist (molto versatile) e la Sultan (jazz) e mi trovo benissimo. È un ottima azienda, e sono felice di collaborare con loro da anni.

MELODY LANE: Sei anche endorsement Vater, che bacchette utilizzi?
KARIM: Uso le Stretch 5A quando suono su set più larghi e ricchi, le classicissime Los Angeles 5A, e le loro spazzole “storiche”.
Ho ancora un paio di Hammer (bottom/bottom) cattivissime per i due pezzi timpano rullante degli Zen che abbiamo in scaletta (“Andate tutti affanculo” e “Vent’anni”).
Al di là delle sviolinate di rito sono tutte bacchette ben bilanciate e resistenti. In generale tutte le aziende stanno compiendo dei passi in avanti incredibili dal punto di vista tecnico. Vater rimane una sicurezza.

MELODY LANE: Un marchio di batteria che ami e che vorresti “conquistare”?
KARIM: Gretsch, senza se e senza ma.
La “USA” per me rimane, tuttoggi, LA batteria :)

MELODY LANE: C’è qualche giovane artista che stai seguendo e che pensi sia un  vero talento?
KARIM: Ci sono tantissimi batteristi giovani bravissimi, in tutti gli ambiti... la preparazione tecnica media è elevatissima rispetto ai decenni scorsi; con l’esplosione del web stanno crollando anche le barriere dei generi, si suona tutto alla batteria, ed è un bene.
Tra i batteristi “pochi cazzi tanta botta” apprezzo molto Fabiano Bolzoni, bel suono ed ottimo groove.
Mi piace molto anche Carmine Landolfi, eccellente nell’interpretare a modo suo quella corrente americana che mischia Hip Hop r’n’b e funk.

MELODY LANE: Grazie Karim! E' stato un piacere aprire questa nuova rubrica con te! Un saluto ai lettori di Melody Lane.
KARIM: Ciao a tutti i vostri lettori, un abbraccio